sabato 28 aprile 2007

Manituana


Manituana è l’ultimo romanzo del collettivo Wu Ming. Non mi lancerò in una recensione ampia ed esaustiva perché non è il mio mestiere e perché c’è chi l’ha già fatto molto bene.

Ho finito di leggere il libro solo da poche ore e sono ancora immerso nel dolore per la separazione da un mondo che per più di seicento pagine mi aveva risucchiato. E’ il prezzo da pagare per leggere libri straordinari: va bene così, ma scriverò sull’onda emotiva.

Tante delle cose fatte dai Wu Ming sono davvero notevoli. Io però apprezzo oltremodo la capacità di entrare nella Storia, selezionare alcuni personaggi dallo sfondo uniforme e dar loro una vita romanzesca che sia coerente con le fonti storiche ma sappia riempire gli spazi vuoti fra un evento e l’altro. Dare umanità ai nomi che rimangono nelle pieghe della Storia è quanto di più diverso ci sia da come siamo stati abituati a studiare a scuola, ma è un’impresa affascinante.

Il passo successivo è creare altri personaggi, quelli che avrebbero potuto esistere – o forse sono esistiti – ma non hanno lasciato traccia. Amici, mogli, compagni, figlie e nemici il cui nome è andato perso, ma che sono state il mondo in cui viveva chi ha lasciato il proprio nome alla storia.

I Wu Ming sanno esplorare i sentieri del possibile, immaginando come riempire i vuoti della storiografia ufficiale. Riescono a farlo dando ai personaggi grande umanità e spessore e delineando quella che sarebbe potuta essere una storia alternativa, se le battaglie fossero andate diversamente. Una storia dalla parte sbagliata della Storia che ci dona una visione complessa, non banalizzata negli stereotipi ufficiali. Non si parla dei civilizzatori occidentali e dei selvaggi pellerossa, ma nemmeno degli indiani buoni contro i cow-boy cattivi. Quello che leggiamo in Manituana è una possibile realtà, 200 anni fa.

E’ geniale, poi, il sito www.manituana.com, costruito su due livelli dedicati a chi il libro debba ancora leggerlo ed a chi, invece, sia arrivato in fondo al romanzo.

Nel primo livello si trovano racconti d’avvicinamento al romanzo: prolegomena che sono stati scritti negli ultimi tre anni o racconti abbandonati, non inseriti nella stesura definitiva. Una cronologia degli eventi storici, trailer, notizie, suoni e, davvero stupenda, la cartografia. Questa permette di vedere su Google Earth i luoghi della narrazione sia attraverso le foto da satellite sia su una mappa dell’America del Nord datata 1773.

Per accedere al secondo livello è necessario rispondere ad una domanda, la cui risposta è semplice per chi ha letto il libro. Qui si costruisce davvero il mondo di Manituana: si può discutere, leggere biografie approfondite dei personaggi, vedere i luoghi con un dettaglio molto superiore. Ma questo è ancora nulla: possiamo leggere i carteggi fra i Wu Ming, vedere come il romanzo a 5 teste ha preso forma. E poi si può partecipare alla creazione del mondo di Manituana: esplorare precorsi secondari, documentarsi e scrivere racconti che vadano a completare l’Universo intorno a questo romanzo. Perché in fondo la narrazione non si risolve con la carta stampata.

giovedì 26 aprile 2007

delusione

Un amico ti invita a passare quattro giorni in un albergo vuoto sulle Dolomiti. La compagnia? Lui, la sua ragazza, amiche, amici. Tu cosa fai? Vai? No, perchè sei un dottorando e nei prossimi 5 giorni hai da studiare 732 pagine.

Ragazza che vieni a sostenere un esame

Un anno d’esperienza in dipartimento significa aver partecipato a tanti esami come controllore d’aula. E’ un’attività noiosa e ripetitiva che, nella migliore delle ipotesi, si risolve nel muoversi con aria sospettosa per un’aula piena di studenti che scrivono sui propri fogli. Quando invece va male occorre sgridare, minacciare, alla peggio ritirare compiti. Ruolo sgradevole, ma tocca farlo, così conviene cercare di trovarne gli aspetti più divertenti. Uno di questi è sicuramente soffermarsi a guardare l’abbigliamento degli studenti: anche l’esame è ormai una passerella in cui esprimere se stessi attraverso magliette, scarpe, accessori. Fra le ragazze, in particolare, spiccano alcune categorie...


La ragazza immagine: la si riconosce perchè anche alle otto di mattina sembra aver già passato ore a truccarsi. Indossa di preferenza le Nike sparluccicanti coloro oro o argento, che coi primi caldi hanno preso il posto delle scarpe a punta. La borsetta è piccola, scelta per dimostrare buon gusto alle proprie simili, ma può aumentare di dimensione proporzionalmente al conto bancario del papà. Le magliette firmate, i jeans rastremati fino alle caviglie: serve una zip per permettere di infilarli. Nella versione di maggior classe, sono scarpe Le Coq Sportif a sostituire le Nike. Quando invece la ragazza immagine vuole apparire sbarazzina e finta alternativa indossa all stars e magliette a pois, ma il cerone in faccia le smaschera irrimediabilmente. Non èinsolito vedere spuntare dai jeans il filo del perizoma.

La ragazza alternativa: arriva spettinata e senza trucco, facendo un vanto del suo apparire naturale. Non ha bisogno di orpelli per apparire diversa da quella che è: del resto deve rifarsi in una vita da millenni di dominazione maschile. D’estate viaggia con la maglietta a righe oppure con maglioncini dai colori sgargianti. Le scarpe da ginnastica, finchè non verranno sostituite dai sandali infradito, sono vecchie e consumate, di marche poco riconoscibili.

La ragazza invisibile: è forse un tipo caratteristico di ingegneria, ambiente cui riesce ad uniformarsi meglio delle ragazze immagine o alternative. E’ in effetti una visione aggiornata e vagamente migliorata del tipico studente di ingegneria nerd e trasandato. La ragazza invisibile porta scarpe da ginnastica che andavano di moda 5 anni fa, oppure tanto colorate da far pensare a giubbotti catarifrangenti che bisogna tenere in macchina. Porta jeans troppo corti, da cui spuntano calzini bianchi. Felpe pesanti anche d’estate, colorate in maniera improbabile, capelli raccolti a coda. Vestirsi, insomma, è un male necessario cui non occorre prestare alcuna attenzione.

Non che i ragazzi siano meglio, ma per loro lasciamo la prossima puntata...

venerdì 20 aprile 2007

flash mob! [ancora cuscinate]

Copio qui l'email che mi è arrivata..

PILLOW FIGHT A BOLOGNA


(Fight) Club di Lotta con il Cuscino - Regola numero uno: Dire a tutti del PILLOW FIGHT CLUB.

Dillo a tutti i tuoi amici. Lo spam è un bene. No, davvero: avverti altra gente. Più siamo, meglio è. Ti ringrazieranno. Davvero. A meno che non lo facciano, e vuol dire che sono dei bastardi ingrati, e chi li vuole come amici comunque? Regola numero due: Arrivare all'appuntamento, e in orario.

SABATO 21 aprile, ci troviamo in Piazza Maggiore, di fronte a S.Petronio, alle 18 (sono le sei di sera), in punto. Puntuali. Davvero. Siamo seri. Non c'è nulla di più triste che arrivare DOPO una lotta con il cuscino, quando tutti sono esausti e affannati Ok. Ci sono un paio di cose più tristi al mondo, ma poche. Regola numero tre: Portare un cuscino. Nascosto. In una borsa, zaino, nello stomaco di amici o parenti.

Non far vedere il cuscino a nessuno prima della lotta. E´ una questione di sorpresa. Regola numero quattro: All´ora esatta (18:00), tirar fuori il cuscino e lottare! Regola numero cinque: NON colpire nessuno senza un cuscino (a meno che non lo voglia, e chieda per favore)! Altre regole: Non c´è NULLA da vincere, per cui non barare mettendo qualcosa di PESANTE nel cuscino. Sì, diciamo a te. Non fare finta di niente.

giovedì 19 aprile 2007

Cosa diavolo significa in italiano? #2

Seconda puntata della rubrica che raccoglie le più assurde commistioni fra italiano ed inglese che mi capita di sentire in Dipartimento. E' passato un po' di tempo dalla precedente pubblicazione: che non pensiate che non abbia sentito nulla che valesse la pena di scrivere qui! Semplicemente, non ho avuto tempo per jaleo...
Ma è il caso di dare un'aggiornata a questo blog e così vi copio qui sotto alcune frasi sentite stamattina, in un arco di circa venti minuti... Come dire, basta mettersi ad ascoltare.

  1. "Il task [task] uno non va bene perchè è troppo population specific[populescion specific]"
  2. "Gli studenti di economia si portano dietro un bias [baias]"
  3. "Sono cose legate ad una logica di learning [lerning]"
Non fanno ridere, lo so. Ma non ci posso far nulla: anche a me mettono una gran tristezza.

sono alienato, bastava scoprirlo!

Tratto da: J.G.MARCH, Decisions and Organizations, Basil Blackwell, Oxford 1988 (ed.it. Decisioni e organizzazioni, Il Mulino, Bologna 1993, pp.361-362)

mercoledì 18 aprile 2007

quando il voto di felicità, con serenità, crolla

Nessun tempo per scrivere sul blog, nessun tempo per leggere i blog altrui. Non un attimo per caricare le proprie foto su flickr, nè tantomeno per guardarle con attenzione. Nemmeno la calma per scrivere racconti già pensati per concorsi che stanno per scadere. Figuriamoci per immaginare futuri alternativi e cercare di costruirli.
I rapporti sociali vanno perdendosi: le sere sono passate sui libri, le e-mail non faccio in tempo a scriverle. E, quel che è peggio, mi annoio. Poi, ieri, un episodio esemplare: doversi scusare, andando via da una riunione alle 8 di sera, perchè si sta abbandonando molto presto.
Insomma: non mi sono accorto del passaggio di Pasqua, nè mi renderò conto del 25 aprile o del primo maggio. Ma di ferragosto si.

venerdì 6 aprile 2007

Un libro in 60 parole: Ribelli!, di Pino Cacucci



Ribelli è un romanzo da leggere di notte, quando il buio rende sfumati i limiti della realtà: è in quelle ore che è più facile mostrarsi, per i personaggi ostinati che popolano le storie. Cacucci te li disegna accanto e loro ti indicano come l’omologazione non sia inevitabile. E’ un libro che non può lasciarti indifferente, se non sei morto.

giovedì 5 aprile 2007

Sincerità e qualunquismo

Queste sotto sono le prime dichiarazioni di Tyrone Grant, un giocatore di basket appena ingaggiato dalla Virtus Bologna,una delle più importanti squadre di basket in Italia:

Giro il mondo? E' vero, vado a seconda di quanto mi pagano, e non per altre motivazioni. Poi è chiaro che cerco di andare dove ci possano essere situazioni positive, ma la ragione principale sono i soldi. Si vive una volta sola, e io voglio cercare di stare sempre bene, in campo quanto fuori. Ad esempio l'anno scorso in Spagna le cose non stavano andando bene, e io avevo cominciato a vedere il basket come un lavoro, più che come un divertimento. Per cui chiesi di essere rilasciato. [...] La Corea? E' stata una semplice scelta finanziaria, hanno pagato davvero tanto. Poi non è un brutto campionato, il livello è discreto, e ci sono ottimi americani.

Ho l'impressione che ad un calciatore non le sentiremo dire queste cose..

mercoledì 4 aprile 2007

Cosa diavolo significa in italiano?!

Nasce oggi la nuova rubrica di questo blog: “cosa diavolo significa in italiano?!”

E’ una rubrica di protesta: forse voi la troverete inutile, ma per me sarà terapeutica. Ho già avuto modo in passato di lamentarmi dello smodato uso che si fa dell’inglese in certi ambienti. Non ho nulla contro la lingua in se: anche se non è musicale come l’italiano, sensuale come il francese, chiassosa e divertente come lo spagnolo o incomprensibile come l’hindi, è sicuramente fondamentale conoscerla e saperla parlare correttamente.
Il problema nasce quando viene usata come un vessillo della propria presunta cultura o, peggio, come randello per far apparire convincenti e profonde argomentazioni altrimenti vuote e banali. Spesso, in ambito aziendale, viene usata in questa maniera. Le aziende, come i dipartimenti di direzione aziendale, guardano agli Stati Uniti come a La Mecca e, dunque, la stessa cosa, detta in inglese, sembra molto più interessante.
Non sono un linguista e non ho idea di quanto le mie argomentazioni possano essere sensate, ma non posso sopportare l’uso, sempre più diffuso, di incastonare sostantivi ed aggettivi inglesi in un discorso condotto con la grammatica italiana. Posso al limite tollerare l’uso di termini difficilmente traducibili, come Brainstorming (che pure in Spagna, per esempio, si traduce tormienta di ideas. Poi ti stupisci che l’economia spagnola corra il doppio della nostra..) ma trovo assolutamente scellerato ed inaccettabile quando si usano parole facilmente traducibile in italiano. E’ il paradosso di un linguaggio fatto non per comunicare.

E dunque, placata l’indignazione, passiamo all’ironia. In questa rubrica raccoglierò frasi lette o ascoltate davvero: si tratterà di frasi che chi ha pronunciato riteneva assolutamente normali, ma che racchiudono l’uso criminale dell’inglese di cui ha appena raccontato. L’idea è: che cosa capisce un lettore comune? Provate a tradurle e ditemi cosa ne pensate...

1)“La parte che poteva essere stressata di più era quella sulla teoria delle decisioni”

2)“Devo essere più broad”

3)“L’impresa come bundle of knowledge. La natura del knowledge influenza la sua trasferibilità: quanto più tacito e tanto maggiore è la causal ambiguity, tanto più risulta sticky e non trasferibile”

martedì 3 aprile 2007

Pasqua di passione

Elenco dei libri da studiare entro la prossima settimana, corredato delle indicazioni circa il lavoro supplementare da svolgere per ognuno dei tre seminari.

Seminario di Teoria dell’Impresa - 11 aprile 2007, ore 15.00
Consegnare, almeno 24 ore prima, una revisione critica non più lunga di 4.000 battute, spazi esclusi.
- Williamson, O., (1975). “Markets and Hierarchies. Analysis and Antitrust Implications”, The Free Press. (capp. 1-9)
- Coase, R.H. (1937). “The Nature of the Firm”, Economica, 4: 386-405.
- Coase, R.H. (1991). “1991 Nobel lecture: The Institutional Structure of Production”, The Nobel Foundation 1991
- Barney, J.D. & Ouchi, W.G., Costi dell’informazione e strutture economiche di governo delle transazioni, in Orgnanizzazione e Mercato (a cura di Nacamulli R.C.D. e Rugiadini A.), Il Mulino, 1985.
- Teece, D.J., La diversificazione strategica: condizioni di efficienza, in Organizzazione e Mercato (a cura di Nacamulli R.C.D. e Rugiadini A.), Il Mulino, 1985.
- Eccles, R.J., Le quasi organizzazioni nel settore edilizio, in Organizzazione e Mercato (a cura di Nacamulli R.C.D. e Rugiadini A.), Il Mulino, 1985.

Seminario di Teoria dell’Organizzazione - 12 aprile 2007, ore 10.00
A inizio semario occorre esporre in 10 minuti la sintesi del testo di Hannan e Freeman.
- M.T.Hannan, J.Freeman, Organizational Ecology, Harvard Univ. Press, Cambridge 1988 (ed.it. Ecologia organizzativa, EtasLibri Milano 1993) Capp. 1,2,3,4,6 + Introduz. all'ed. italiana
- Berger P.L., Luckmann T., La realtà come costruzione sociale, Collana "Biblioteca", Il Mulino, 1997

Seminario di Metodologie della ricerca - 12 aprile 2007, ore 14.00
- Corbetta, P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, 1999, cap I, II e III
- Maggi, B. and G. Sampo' (1992). La ricerca sociale nelle organizzazioni. In Manuale di gestione del personale. G. Costa (a cura di). Torino, UTET. III: 83-104, vol. 3.
- Cook, T. & Campbell, D. (1979). Quasi Experimentation: design and analysis issues for field settings. Houghton Mifflin, Boston, capitolo 1.


Cioè circa un migliaio di pagine di roba, da studiare da qui a mercoledì prossimo, metà in italiano e metà in inglese.
Sono sinceramente stupito e francamente incazzato: come si fa a conciliare il lavoro con la vita, in queste condizioni? Vogliono farci scegliere, selezionando solo quelli che sono disposti a donarsi completamente a questa vita? E comunque, come si fa a prepararsi decorosamente per le lezioni, con questi carichi di lavoro?
Non mi lamenterei se si trattasse di una eccezione, di un caso isolato, ma questo sarà l’andazzo normale, almeno per i prossimi due mesi. Fino ad ora già tenersi un week end libero era un’impresa, pur avendo solo due seminari alla settimana. Da adesso sarà impossibile. Ma ci sono anche altre cose importanti da fare, specie la settimana prossima.
Ma vabbé, fa nulla.

Confermo quello che a qualcuno ho già detto: faccio voto di felicità fino ad agosto. Va tutto bene: prenderò tutto con il sorriso sulle labbra, cercando di barcamenarmi alla meglio ma mettendo da parte i pregiudizi che posso ancora avere. Poi arriverà il momento delle scelte, da fare a mente fredda e considerando tutto e non un problema alla volta. Se sottoposto a questi ritmi questa vita mi piacerà, andrà benissimo. Ma se invece non mi piacerà, ci sarà poco da fare: è un’esperienza talmente totalizzante che non lascia quasi spazio a passatempi ed attività alternative. Non abbastanza da compensare un’eventuale infelicità lavorativa, almeno.

Ma i prossimi quattro mesi voglio mettermi alla prova e vivere sereno.

Intanto mi godo le due piccole gratificazioni che mi sono concesso oggi, dopo aver appreso che giovedì prossimo inizierà il terzo seminario: accanto a me c’è una maglietta Zaramaraglio acquistata compulsivamente, come già mi capitò in passato. Può essere molto comodo avere il negozio vicino al dipartimento!
[comunque ho speso solo 14,90€]

E poi ho appena finito il primo gelato di stagione preso da Stefino, la meravigliosa gelateria in via Galliera. La granita alla mandorla l’ho lasciata al prossimo momento di disperazione.