mercoledì 23 maggio 2007

good bye Nosadella

Un altro pezzo di Bologna se ne va: chiude il cinema Nosadella.
Ed è un vero peccato perché il Nosadella ci ha abituato alla possibilità di vedere i film a poco prezzo ed in pieno centro, in un’atmosfera raccolta e di rispetto per il cinema.Ha presentato in cartellone film introvabili altrove (come Little Miss Sunshine, che a lungo è rimasto in programmazione) e presenta alcune iniziative che non hanno simili a Bologna: ogni lunedì la proiezione di film in inglese. Un’ottima occasione per migliorare il proprio inglese o, per i tanti americani che vivono in città., per mescolarsi ai bolognesi e vivere i loro stessi locali.
Dopo Metropolitan e Fellini chiude anche il Cinema Nosadella. Continuano a nascere multisala con enormi parcheggi e contenitori per bibite e pop-corn sui sedili.
Io piuttosto che veder un film al Medusa sto a casa.

la lettera di addio dei gestori del Nosadella:
Cari amici,
il vostro cinema preferito chiude!
Non è uno scherzo, le due sale del cinema Nosadella, domenica 27
termineranno le proiezioni, non ci saranno più, al suo posto troverete
appartamenti, molto più redditizi, e che fanno parte di un progetto di
riqualificazione urbana (SIC!) voluta dal comune.
Noi, io e Enrico, abbiamo cercato, con la nostra passione per il cinema, di
dare personalità al nosadella, un locale unico, veramente indipendente e non
legato a nessun circuito, vi abbiamo offerto molte "chicche", magari film di
cui non ne avete mai sentito parlare (Come quello ora in programmazione) che
vi hanno stupito, emozionato... ma lasciamo i ricordi alla prossima mail.
Vi diciamo grazie,
vi chiediamo di protestare di non far passare la cosa come un dato di fatto,
(leggete nel sito la bella lettera di Roberta e le altre che continuano ad
arrivare).
vi chiediamo se ne siete a conoscenza di indicarci un altro spazio dove
magari trasferirci, basterebbero tra i 600 e gli 800 mq. per fare due sale
di 150-200 posti, per voi se non venite tutti assieme...
A presto (venite anche solo a salutarci!)
Mauro

martedì 22 maggio 2007

l'aporia fra essere e volere

Mi è successo di nuovo: mi hanno offerto un posto di lavoro. Ancora una volta, ad un’analisi oggettiva, presenta ottime caratteristiche: un ruolo di responsabilità, per un giovane come me, con ottime prospettive di carriera e di guadagno. Un posto ottimale per impegnarsi e vedere riconosciuto il proprio lavoro. E, in definitiva, un posto veramente adatto ad un ingegnere gestionale, quale io risulto essere: un piccolo stabilimento produttivo da analizzare e risistemare in maniera più funzionale, il processo logistico sotto controllo e la possibilità di estendere questo lavoro ad altre aziende collegate.

Solo che il problema è proprio qui: un meraviglioso lavoro per un ingegnere. Ormai, se anche avevo dei dubbi, non ne posso più avere: fatemi stare lontano dagli stabilimenti industriali e dai componenti meccanici. Se possibile, dalle aziende in genere. Non ci posso stare, non ci so stare: trovo terribilmente noioso tutto ciò, al punto che la prospettiva di ottimo guadagno non mi tocca nemmeno.

La cosa buffa è che sarei bravissimo a fare questo genere di cose: laureato in corso con lode, non ho mai fatto un colloquio senza successo. Ferrari, Prometeia, Granarolo: sono tutti posti di lavoro che ho rifiutato io, dopo esser andato ad interviste per le quali ero stato chiamato, senza nemmeno mandare via un curriculum. Ad altri colloqui nemmeno sono andato, avevo visto che non era la mia strada.

Non chiedeteci la parola, che squadri da ogni lato l’animo nostro informe. [...] Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

E invece qualcosa c’è di chiaro: c’è un anelito ad espressioni artistiche che non sia violentato dalla freddezza delle questioni economiche ed ingegneristiche. C’è la voglia di scrivere – pure se non accompagnata da una bravura pari a quella che dimostro nei campi che ora rifuggo. E infine c’è, almeno, il desiderio di impiegare le proprie energie, se proprio non si riuscirà a realizzare i sogni, almeno per fare qualcosa che abbia un senso più profondo.

Più di un anno di lavoro e di stipendi non hanno fatto vacillare queste idee. Anzi.

lunedì 14 maggio 2007

Cosa diavolo significa in italiano? - 3

“Ci sono dei do e dei de” dice il piccolo imprenditore. Io prendo appunti, con la mia stilografica blu. Sto pensando a questo post, ma sembra che sia molto coinvolto dalle sue parole. Camicia azzurra, scarpe eleganti, l’unica concessione che mi sono fatto è stato lasciare quelle due spillette così rosse attaccate allo zaino, ben in vista. Si parla di aziende, di reti, di crescita e di componenti meccanici.
“Ci sono dei do e dei de”, ripete quello, mentre il Professore, al mio fianco, cerca di inserirsi nel discorso. Non riesce a finire una frase, già che l’altro è troppo esuberante. Vorrebbe fargli capire come alcune sue idee siano eccessive, come sia impossibile metterle in pratica. Anche perché a metterle in pratica sembra dovremo essere noi, e tempo non ce n’è mai abbastanza. Gli occhi del Professore, però, sono attenti: parla una lingua diversa rispetto all’uomo che ha di fronte, ma entrambi sono affascinati dalle imprese.
“Ci sono dei do e dei de”, ribadisce ancora una volta quello. E al suo fianco, di fronte a me, la giovane collaboratrice annuisce con l’aria di chi quel discorso l’ha già sentito tante volte. E’ un po’ sciupata dal tanto lavoro e dagli anni di ingegneria, ma sul volto la lieve abbronzatura rivela un fugace fine settimana in riviera.
“Ci sono dei do e dei de”, finisce lui. “Per partecipare alla nostra rete di imprese bisogna dare, oltre che ricevere.”

mercoledì 9 maggio 2007

Eresie

I vescovi di Città del Messico hanno scomunicato tutti i politici colpevoli della liberalizzazione dell'aborto nel Distrito Federal, lo Stato della capitale messicana. Papa Ratzinger, intervistato sul tema, ha detto che la Chiesa non fa politica, ma scomunica l'aborto.
Poi, in partenza per il Brasile, ha risposto a chi gli chiedeva come avrebbe raggiunto il Sudamerica
io prendo l'aereo ma non volo.

update: ora questo post è stato messo anche su LiberoBlog

venerdì 4 maggio 2007

Un mattina da standista

Mattina in fiera, a fare da standista durante la fiera R2B (reaserach to business, dove i ricercatori incontrano le imprese... wow!).
La mia miglior faccia per presentare con convinzione una cosa che mi ha stufato, ed anche un bel po'. Ma un po' di cose interessanti, con l'occhio del sociologo più che con quello dell'aziendalista,riesco a tirarle fuori..

9:30, pausa bagno. Capita, in alcuni locali notturni o in discoteca, di trovare distributori di preservativi vicino ai bagni. Qui, invece, accanto ai bagni ci sono distributori di collant e fazzoletti di carta. Povere standiste,almeno io non ho timore di smagliarmi i calzini..

9:55, osservazione dalla mia postazione. Florilegio di scarpe a punta e cravatte dal nodo molto grosso..

10:45, allo stand. Passa una ragazza molto carina, dallo spiccato accento americano. L'accento no, non è carino. Lei lascia il depliant di un workshop che pubblicizza la collaborazione Stati Uniti Italia nel settore delle biotecnologie. L'ambasciata americana ha lanciato un'iniziativa per creare quattro grandi forme di collaborazione, che vengono illustrate. Solo che, per un refuso, il mercato del denaro, anziché Mercato dei Capitali di Rischio, viene chiamato Mercato dei Capitali a Rischio..

12:30. Si incontrano facce conosciute dai tempi dell'università. Giacche e cravatte al posto delle magliette, capelli più corti, si cresce insomma. Entusiasmo per le cose che stano facendo, sincera attenzione ai temi della fiera, riconosciemnto dell'importanza del trasferimento tecnologico. Io, sensazione di non appartenenza.

12:45. Un tipo che mi ha fatto un esame all'Università, ma che ora è stato cacciato dal Dipartimento, gironzola davanti al mio stand. Non mi riconosce.

13:55, via dallo stand. Avevo appuntamento con un prof alle 11:30 per discutere di alcune cose.Arriva alle 12:15, trattiene relazioni sociali per un'ora, poi parliamo. Fa nulla che io stessi lì solo ad aspettare lui,perché allo stand ero già stato sostituito. Me ne vado.