Mi è successo di nuovo: mi hanno offerto un posto di lavoro. Ancora una volta, ad un’analisi oggettiva, presenta ottime caratteristiche: un ruolo di responsabilità, per un giovane come me, con ottime prospettive di carriera e di guadagno. Un posto ottimale per impegnarsi e vedere riconosciuto il proprio lavoro. E, in definitiva, un posto veramente adatto ad un ingegnere gestionale, quale io risulto essere: un piccolo stabilimento produttivo da analizzare e risistemare in maniera più funzionale, il processo logistico sotto controllo e la possibilità di estendere questo lavoro ad altre aziende collegate.
Solo che il problema è proprio qui: un meraviglioso lavoro per un ingegnere. Ormai, se anche avevo dei dubbi, non ne posso più avere: fatemi stare lontano dagli stabilimenti industriali e dai componenti meccanici. Se possibile, dalle aziende in genere. Non ci posso stare, non ci so stare: trovo terribilmente noioso tutto ciò, al punto che la prospettiva di ottimo guadagno non mi tocca nemmeno.
La cosa buffa è che sarei bravissimo a fare questo genere di cose: laureato in corso con lode, non ho mai fatto un colloquio senza successo. Ferrari, Prometeia, Granarolo: sono tutti posti di lavoro che ho rifiutato io, dopo esser andato ad interviste per le quali ero stato chiamato, senza nemmeno mandare via un curriculum. Ad altri colloqui nemmeno sono andato, avevo visto che non era la mia strada.
Non chiedeteci la parola, che squadri da ogni lato l’animo nostro informe. [...] Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
E invece qualcosa c’è di chiaro: c’è un anelito ad espressioni artistiche che non sia violentato dalla freddezza delle questioni economiche ed ingegneristiche. C’è la voglia di scrivere – pure se non accompagnata da una bravura pari a quella che dimostro nei campi che ora rifuggo. E infine c’è, almeno, il desiderio di impiegare le proprie energie, se proprio non si riuscirà a realizzare i sogni, almeno per fare qualcosa che abbia un senso più profondo.
Più di un anno di lavoro e di stipendi non hanno fatto vacillare queste idee. Anzi.
14 commenti:
E conciliare il tutto é impossibile? A volte, il bisogno di un rifugio "artistico" é dettato dalla sterilitá della realtá e spesso crearsi un angolo di fuga é sufficiente a ridare energia ai momenti piú piatti.
bravo.
sto come te, solo più confusa e meno "colloquiata" :)
evvai....uno schiaffo alla miseria....! sono d'accordo che bisogna cercare di fare quello che si vuole fare, ma se penso che a me non ha mai chiamato nessuno...è proprio vero che chi ha il pane non ha i denti!!!
o anche che l'erba del vicino è sempre più verde..
:)
Trovo questo post un pò irritante.
Avremo modo di parlarne.
Coltivare i sogni e le passioni è una cosa importantissima. Ma vedere il mondo com'è e così la realtà lo è altrettanto.
E tu non lo fai. Non so se sei immaturo o se invece lo fai scientificamente e consapevolmente.
E' bello fare l'indeciso quando hai una famiglia che ti sostiene.
Ti ricordo che bukowski pur di fare lo scrittore andava avanti ton un tozzo di pane. faceva la fame. Non mi sembra tu sei disposto a farla.
Ti ricordo che Adam Fawer ("Improbable") era direttore di grosse aziende prima di scrivere un libro. Solo dopo che l'hanno pubblicato ha lasciato il lavoro aziendale pagato milioni.
Ti ricordo che Jean Paul Sartre faceva il cameriere. Non mi sembra tu abbia voglia di farlo.
Senza cattiveria mi verrebbe da dirti... "ma non rompere le balle".
Forse se iniziassi a fare un lavoro avresti di che scrivere per davvero. E forse diventeresti uno scrittore.
Caro tool, ti voglio bene e sei un mio amico: per questo ti risponderò con tutta la durezza che il tuo commento merita; la durezza che tu stesso hai usato con me.
Mi sta benissimo che tu veda le cose in maniera differente da me: età diverse, esperienze diverse ed obiettivi diversi sono una motivazione che può spiegare molto bene i nostri diversi punti di vista, peraltro già evidentemente distanti prima di questo scambio di battute. Detto questo, rispetto le tue idee e mi aspetto che tu rispetti le mie pur, evidentemente, senza condividerle.
Vedere cos’è la realtà è un tema che, da solo, ha impegnato tutte le persone vagamente sensibili per millenni: non penso esista una realtà unica,uguale per me, per te e per tutti gli altri. Penso sia normale che tu veda e cerchi cose diverse da quelle che vedo e cerco io. E mi va benissimo: non credo che esista un modo migliore di comportarsi ma che, semplicemente, ciascuno debba insieguire il suo modo, anche se agli altri può sembrare folle, anche se gli altri non capiscono cosa fa.I conti si fanno alla fine.
Quello che però proprio non posso accettare del tuo commento, è la neanche tanto velata accusa di crogiolarsi come figlio di papà. Non mi piace vantarmi, ma tocca mettere le cose in fila.
Mi sono laureato a 24 anni, in ingegneria gestionale, con 100/100 e lode. Non ho mai cazzeggiato durante l’università – come avrei fatto, altrimenti, ad ottenere quel risultato? – ma, è vero, non ho nemmeno mai lavorato, se non alle elezioni. Ti sembra strano? Guarda un po’ di statistiche , tu che sai leggere queste cose, sul sito dell’Istat o di AlmaLaurea. Guarda un po’ quanti studenti di ingegneria lavorano durante l’università ed a che età si laureano. Poi confronta con quelli di altre facoltà e considera se ho sprecato il mio tempo crogiolandomi sulla tranquillità familiare.
E poi.
E poi mi sono laureato nel 2006 e due mesi dopo ho cominciato a lavorare. Non lavo piatti e non faccio un lavoro umile.E allora? A Natale ho pubblicato su Internet i risultati dei compiti d’esame che avevo appena corretto, la notte di Pasqua l’ho passato studiando fino alle tre, sdraiato in una vasca da bagno per non disturbare mio fratello che dormiva in camera con me. 25 aprile e primo maggio li ho passati sui libri; le mie giornate lavorative sono di dieci-dodici ore ed almeno una sera alla settimana la passo lavorando. Cos’è questo? Riposarsi sul benessere economico familiare?
E’ vero: posso non lavorare per due mesi, senza timore di non avere di che mangiare e di che andare al cinema. E allora? E’ una colpa? No: potrei sentirmi in colpa se facessi il mantenuto, senza piani nè preoccupazioni, ma non è il mio caso.
Rivendico solo il mio diritto a cercare la mia strada.
Un’ultima precisazione: non penso che ci sia qualcosa di virtuoso nel lavorare tante ore; non mi sento meglio di nessun altro solo perchè lavoro più di lui; penso che ognuno abbia ildiritto di scegliersi la vita che vuole. Ma non scrivermi più “forse se iniziassi a fare un lavoro” ed evita di dare giudizi gratuiti su cosa io sono o non sono disposto a fare.
@auramaga: forse hai ragione, forse si potrebbe conciliare tutto. Ma, ti dico la verità, ho 26 anni e voglia di provare a ribaltare tutto.
@tam: il modo in cui descrivi la fine del tuo lavoro mi trova assolutamente consonante! Grazie per il sostegno!
Secondo me sei fuori strada. Sei tu che ti senti sotto accusa. Lo sai tu perchè, forse. Ma io non ti ho accusato, mai ho pensato che sei uno che vive sulle spalle dei genitori (persone splendide, chiusa parentesi).
Se sei stato messo in condizione di fare quello che hai fatto o che stai facendo è merito dei tuoi genitori. A partire dal fatto che ti hanno mandato a scuola un anno prima. Non sprecare questa possibilità, questo tempo in più che ti stanno dando i tuoi genitori.
Sommato alle tue capacità e al tuo impegno ti hanno permesso di avere più scelta.
Se vuoi davvero trovare la tua strada comincia a considerare concluso il lavoro dei tuoi genitori: inizia a vivere da solo, a pagarti l'affitto, fare la fila per pagare le bollette, la fila per la spesa, la benzina, l'assicurazione della macchina (tu che ce l'hai già e non la devi comprare), le medicine, aggiustarti la TV perchè non va più. E in mezzo a tutto questo comincia a risparmiare, se ce la fai. Che c'è sempre il dentista da pagare.
Con quello che fai ora... il dottorato + gli extra non credo riusciraesti a mentenerti o a tenere lo stesso stiledi vita, visto quanto costa Bologna.
Se vuoi inseguire i tuoi sogni, fallo! Credici. Coltiva i tuoi interessi:la scrittura, la fotografia. Iscriviti a un master nuovo.
Ma fai una cosa coraggiosa: se vuoi inseguire i tuoi sogni, come è giusto che sia, fallo con le tue gambe. E basta. I genitori in quanto tali si devono occupare di noi figli. Ci devono sostenere.
Ma non sono obbligati a sostenerti fino a che non hai trovato il lavoro perfetto (che non esiste). O un lavoro "artistico". O un lavoro non aziendale. Se lo fanno è perchè per i figli si fa tutto.
Con affetto
"estratto dai ringraziamenti della mia tesi di laurea"
Vorrei ricordare qui alcune persone che mi hanno accompagnato durante il percorso universitario e che hanno contribuito alla stesura del presente elaborato. Con alcuni di loro c’è un confronto quotidiano su molteplici argomenti e uno scambio di opinioni e dubbi che rappresenta da anni cibo per la mia mente. Ringrazio soprattutto la mia famiglia e in particolar modo i miei genitori perché mi hanno sempre detto «pensa a studiare che al resto ci pensiamo noi». Cosa chiedere di più? Senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile.
ultima precisazione:
con "se iniziassi a fare un lavoro" non volevo dire che ora non stai lavorando. o che il tuo non è un lavoro.
Volevo dire "inizia a percorrere un strada", porta a termine un contratto. anche se breve. Ne avrai di cose da dire, da forografare e da scrivere nel frattempo e capirai meglio tante cose.
Stai solo attento a saltare da una cosa all'altra senza portarle a termine.
forse di pragmatismo io ne ho troppo. tu troppo poco.
Io ho fatto tanti tipi di lavori:verniciatore di suole di scarpe, cameriere, operaio di fabbrica, intervistatore, commesso, operatore call centre.
Credo di sapere meglio di te cosa è il lavoro, perchè qualche hanno in più di te ce l'ho. Senza alcuna presunzione.
Molti artisti per fare quello che fanno hanno rinunciato a tutto. Molti sono diventati famosi dopo la morte o in età anziana. Anche artisti morti di recente.
Tu a che cosa sei disposto a rinunciare?
Se no vivi la tua vita tranquillamente facendo un lavoro sicuramente non brutto e credo remunerativo e coltiva i tuoi hobby. E vivi con una bella e intelligente ragazza
Non credo si stia affatto male neanche così
In bocca al lupo
Caro tool, come ti ho scritto via sms ti abbraccio.
La cosa che maggiormente condivido dei tuoi ultimi commenti è l'idea del vivere da solo, del vivere la propria vita. Ma, come strano è il mondo, questa per me non sarebbe mica una cosa negativa: tolto l'affitto - che comunque incide non poco - le altre cose a casa le faccio già. Posta, bollette, spesa, lavatrice,stendere,sono tutte cose che dopo l'erasmus non ho più smesso di fare. Dunque per me, tolto il discorso affitto, che certo non pesa poco, andare a vivere da solo significherebbe sì avere più cose da fare, ma soprattutto avere più libertà e autonomia. Cose meravigliose. E allora che aspetto? Mi ero dato sei mesi di tempo, iniziato il dottorato,per vedere se seguire questa strada - e quindi poi cercare casa - oppure cambiare. Cambiare tutto: anche Stato. E quindi me ne sono stato ancora sei mesi a casa, mettendo appunti via un po' di soldi.
Sono consapevole di dovere molto all'intelligenza e lungimiranza dei miei genitori: tutto il mio impegno, in condizioni diverse, avrebbe portato a ben altri risultati. Ma quel che dici tu, il cominciare a vivere la propria vita, ha anche un risvolto diverso: il fare cose che loro non hanno previsto o pensato per te. Il rischiare.
E mi chiedi a cosa so rinunciare.. per ora ho rinunciato a tanti lavori ben pagati, a volte dotati anche di tempo libero. Facile? Difficile? Non so...
A questa domanda non ti so rispondere. Credo che l'unica sia provare.
Un'ultima cosa: "se no vivi la tua vita tranquillamente facendo un lavoro sicuramente non brutto e credo remunerativo e coltiva i tuoi hobby. E vivi con una bella e intelligente ragazza."
E' una bella prospettiva, che comunque vedo nel mio futuro, ma non in quello vicino. E non è che mi senta meglio o peggio di chi cerca una cosa del genere hic et nunc. Io stesso non avrei chiesto altro,anche solo poco tempo fa. Sta di fatto che adesso, anche volendo, la ragazza bella e intelligente non c'è o non vuole e allora il miraggio di quello che c'è oltre l'orizzonte mi pare più bello di importante di quello che ho da perdere.
Con affetto.
Guarda...
di recente ho congelato l'offerta di fare un dottorato. Rimandando tutte le decisioni tra un anno. D'accordo con la mia prof. Anche se è ho un pò paura che a forza di rimandare finirò per chiudermi questa porta.
Ho anche mezzo rifiutato una offerta di lavoro della società Nextplora di Milano (mi hanno chiamato ieri), che sembrava ottima e adatta alle mie capacità. In pratica ho detto che adesso, causa il lavoro e i troppi impegni non riesco a venire a Milano per un colloquio. Loro cercano da subito... mentre io cerco un contatto per il futuro. Cerco un "farmi conoscere" per vedere se in futuro...
Io di rischiare mi sa che non ho voglia adesso. Dopo un anno di lavoro le novità qua sembrano non finire e sono ancora sull'onda di questa novità. E se devo cambiare per un altro contratto a progetto me ne sto dove sono ora.
Il non aver voglia di rischiare non vuol dire fossilizzarsi però ora non è ho le forze.
Questo si che magari è un aspetto che ti "invidio".
Cla
Solo un'ultima chiusura: non penso che non voler rischiare significhi fossilizzarsi!
for your (our) hunger still not satisfied.
http://youtube.com/watch?v=8ioavsW0tgI
vi abbraccio.
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